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domenica 13 maggio 2012

Quatremère de Quincy, letterato, filosofo e critico d'arte nel suo Dizionario storico dell'architettura fornisce una prima definizione di restauro: "Rifare ad una cosa le parti mancanti o guaste, o per vecchiezza o per altro accidente".
Detta poi in quale modo è più conveniente effettuare l'intervento:
1) utilizzare nelle parti da integrare, materiali simili ma diversi (la pietra al posto del marmo)
2)utilizzare le linee di inviluppo ossia nel rifare qualcosa di riccamente decorato, riproporlo senza scendere nei particolari.

Queste regole non sono concetti astratti, ma bensì molto concreti. Tutto ciò era già stato attuato per il restauro del Colosseo e dell' arco di Tito a Roma.

Veduta aerea




Contrafforte di Raffaele Stern (1806)



Contrafforte di Giuseppe Valadier (1814)


Nel 1818 inizia l'intervento su ciò che rimaneva dell' arco di Tito, prima, porta della cittadella fortificata della famiglia Frangipane, poi granaio e fienile; l'arco non aveva problemi in quanto erano presenti i due muri. Il convento di S.Francesca romana acquista l'area, addossando all'arco una parete, ma lasciando libera l'altra. Si crea così un dissesto, prontamente risolto con un contrafforte.
Con l'arrivo dei francesi, l'arco viene liberato sia del contrafforte che del muro del convento; il cantiere viene affidato a Stern per ricostruire le parti mancanti.
Stern deve accontentare i francesi che lo vogliono completo, ma anche l'abate Fea e Canova, poichè quest'ultimi non volevano una copia esatta, in quanto le leggi pontifice lo vietavano.
Stern utilizza il travertino al posto del marmo di carrara e non scolpisce più le parti che lui aggiunge, ma la morte lo sorprende senza che abbia potuto portare a compimento il lavoro.
Il cantiere passa nelle mani di Valadier, che riprendendo i progetti del suo predecessore, porta a termine l'opera tale e quale come Stern l'aveva concepita.

L'arco di Tito all'ingresso della cittadella dei Frangipane

L'arco con il contrafforte


L'arco oggi

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