Eugène Emmanuel Viollet le Duc, achitetto restauratore francese, nel suo Dizionario ragionato sull'architettura, alla voce R definisce così il restauro:
La parola e la cosa sono moderne. Restaurare un
edificio non è conservarlo, ripararlo o rifarlo, è ripristinarlo in uno stato
di completezza che può non essere mai esistito in un dato tempo. [...] Abbiamo detto che la parola e la cosa sono moderne,
e in effetti nessuna civiltà, nessun popolo, nei tempi passati, ha inteso fare
dei restauri come li intendiamo oggi.
Frontespizio del Dizionario
Nei suoi interventi, il restauro non è finalizzato solo a se stesso, ma anche ad una sua rifunzionalizzazione una volta finito il cantiere.
Utilizza tutta una serie di nuovi materiali (acciaio, ghisa, beton armé) accanto a quelli tradizionali. Per esempio, l'inserimento di caloriferi in chiesa una volta finito il restauro di forme gotiche, sostituzione di elementi lignei danneggiati con elementi in ferro, utilizzo del cemento armato nelle murature etc.
Dalle sue relazioni di progetto, si è arrivati al metodo di lavoro di le Duc:
1) lettura diretta della fabbrica, per conoscere a fondo l'edificio poichè non si avevano i disegni medievali originali.
2) rilievo geometrico e metrico, per acquisire tutte le dimensioni, dal generale al particolare.
3) rilievo materico, per evidenziare i degradi.
4) rilievo strutturale, per studiarne i dissesti (quadro fessurativo), lesioni e deformazioni dell'edificio.
Da segnalare ancora l'abitudine di le Duc di servirsi di una primitiva macchina fotografica, il dagherrotipo, con la quale fotografava il bene prima dell'intervento e una volta finito il cantiere di restauro. Tutto ciò perchè, se il disegno era facile da sostituire nelle parti, la lastra fotografica no (per l'epoca).
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